I salumi italiani sono noti in tutto il mondo per la straordinaria qualità. Non hanno rivali e sono invidiati e imitati dalle grandi aziende multinazionali. Oggi l’Italia ha un primato in Europa. Anche se è vero che per i prodotti DOP noi siamo secondi di pochi numeri rispetto alla Francia, per quanto riguarda i salumi italiani tra DOP e IGP sono più del 50% della produzione europea.

I tipi di salumi nazionali

La prima differenza da fare nei salumi è tra i salami, che sono racchiusi in un budello, ed i prodotti di salumeria come il prosciutto che sono costituiti da una parte anatomica del corpo. Il re incontrastato di questo mondo è il maiale, con la sua carne bella grassa, nonostante si possono creare salumi anche di oca o di bovino, come la Bresaola o i salumi islamici.

Il maiale allevato per i salumi deve essere piuttosto grasso e non deve subire traumi prima della macellazione, altrimenti si può creare un accumulo di sangue che potrebbe marcire in fase di stagionatura. Una caratteristica comune di tutti i salumi italiani è la componente grassa e salata che c’impasta la bocca e ci fa venire sete. Proprio per questo questo la birra è un abbinamento ideale rispetto al vino perché più dissetante e meno alcolica.

I salumi dal punto di vista delle materie prime di partenza e della lavorazione si dividono in:

  • SALUMI CRUDI, che si distinguono a loro volta in
    • IMPASTI DI CARNE MACINATA FRESCA = SALSICCE 
    • IMPASTI DI CARNE MACINATA STAGIONATA = SALAMI
      PARTI MUSCOLARI SALATE E STAGIONATE, che sono normalmente i tagli della mezzana suina presi così come sono e lavorati

      • COPPA (muscoli delle vertebre dorsali, LONZA, e cervicali, CAPOCOLLO)
      • BRESAOLA (coscia di bovino, equino, camoscio)
      • PROSCIUTTO CRUDO (coscia di suino
      • SPECK (coscia di suino)
    • PARTI MUSCOLARI IN CUI PREVALE IL GRASSO DI DEPOSITO, grasso sottocutaneo da cui si ricavano
      • PANCETTA (ventre del suino)
      • GUANCIALE (sottogola del suino)
      • LARDO (dorso del suino)
  • SALUMI COTTI
    • MORTADELLA
    • WURSTEL
    • GALANTINE, prodotti con gelatina e aromatizzanti vari (es.: coppa romana)
    • AFFUMICATI e CARNE IN SALAMOIA di vario genere
    • PROSCIUTTO COTTO e SPALLA COTTA (di suino)

I prosciutti

prosciutto-al-coltelloIl prosciutto è un taglio della carne del maiale. In campo alimentare il suo uso principale è la creazione di due salumi: il prosciutto crudo e il prosciutto cotto. Con la stagionatura prolungata si ottiene inoltre un salume molto duro ed aromatico ed il grasso si trasforma in olio, come nel caso del Pata Negra di cui parleremo più avanti
Talvolta con il termine prosciutto ci si riferisce inoltre a prodotti ottenuti da coscia di ovino o di oca o ancora di altri animali (cervo, cinghiale, orso, bisonte, ecc.)

Il prosciutto di cinta senese è realizzato con le zampe posteriori di una particolare ed antica razza suina chiamata, appunto, cinta senese. Cinta (ovvero cintura) senese a causa di una specie di cintura di pelo più chiaro a metà del corpo dell’animale. Le loro carni sono asciutte, con poco grasso, e molto saporite. È una via di mezzo tra il prosciutto di cinghiale e quello di maiale. Un animale simile è il maiale nero, usato a Caserta ed in Calabria per lo stesso scopo. Essendo maiali semi-selvatici sono simili ai maiali iberici.

La denominazione di origine protetta (DOP) come suino cinto toscano è riservata ai prodotti fatti con animali allevati esclusivamente in Toscana secondo il disciplinare di riferimento

prosciutto-ibericoIl jamón serrano (letteralmente “prosciutto di montagna”) è un alimento ottenuto a partire dalla salatura e seccatura all’aria dagli arti posteriori del maiale. Questo stesso prodotto riceve anche il nome di paleta o paletilla quando si ottiene dagli arti anteriori. La denominazione jamón serrano è riconosciuta come specialità tradizionale garantita (STG). I più conosciuti sono i jamones di maiale nero iberico (Cerdo Ibérico) che si producono nella spagna interna

Il prosciutto iberico (jamón ibérico) e il serrano (jamón serrano) sono il risultato di due diversi processi di lavorazione e provengono da razze suine diverse. Le loro proprietà non sono dunque uguali e il prosciutto iberico vanta una maggiore considerazione gastronomica rispetto al Serrano. Una delle differenze tra di loro è che la carne del prosciutto iberico proviene da maiali di razza pura almeno del 70%, mentre per il prosciutto serrano, le principali razze suine di provenienza sono la Duroc, la Landrace, la Large White, la Pietrain.

Anche l’alimentazione dei maiali è diversa per i vari tipi di prosciutto. Il prosciutto iberico conta diverse classi, secondo l’alimentazione del maiale, come per esempio il prosciutto di bellota, se i maiali sono alimentati a ghiande ed erba, o il prosciutto di recebo, se con mangimi, erbe, ghiande, eccetera. Nel caso del prosciutto serrano l’alimentazione principale sono i mangimi di cereali.

Anche per il processo di stagionatura vi sono alcune differenze tra le varie specialità: per quanto riguarda il prosciutto di bellota iberico la stagionatura deve essere mantenuta almeno da 24 a 36 mesi, mentre per il serrano la stagionatura ha uno sviluppo da sette a ventiquattro mesi.

La Mortadella

La Mortadella Bologna IGP è un prodotto di salumeria realizzato con carne di puro suino, finemente triturata, mescolata con lardo, leggermente aromatizzata con spezie, insaccata e cotta. Dal luglio 1998, a livello europeo, la denominazione “Mortadella Bologna” è stata riconosciuta quale indicazione geografica protetta (IGP). A seguito di questo riconoscimento, solo la Mortadella Bologna può fregiarsi del marchio IGP, mentre tutte le altre produzioni che non rientrano nelle regole del disciplinare, possono essere commercializzate come mortadella comune. La mortadella è nata probabilmente nel I secolo e la sua produzione si è sviluppata in un’area compresa tra Emilia-Romagna e Lazio; tuttavia, per un periodo di tempo, questo salume entrò nell’oblio, ma ricomparve nel tardo Medioevo, dove veniva prodotto esclusivamente nella città di Bologna.

mortadella-bolognese-salumi-italiani

Le sue origini sono da ricercare nei territorio dell’antica Felsina etrusca e della Bononia dei Galli Boi, che vivevano in ambienti ricchi di boschi di querce che fornivano le ghiande, principale alimento dei maiali di allora, allevati allo stato brado o addomesticati.

La fabbricazione e l’applicazione dei sigilli di garanzia era di competenza della Corporazione dei Salaroli, una delle più antiche di Bologna, che già nel 1376 aveva per stemma un mortaio con pestello.

Mortadella tagliata

La mortadella Bologna IGP, di puro suino, è un insaccato cotto, dalla forma cilindrica od ovale, di colore rosa e dal profumo intenso, leggermente speziato. Per la sua preparazione vengono impiegati solo tagli pregiati (carne e lardelli di elevata qualità), triturati adeguatamente allo scopo di ottenere una pasta fine. Il sapore è pieno e ben equilibrato. Una volta tagliata, la superficie si presenta vellutata e di colore rosa vivo uniforme. La mortadella Bologna emana un profumo particolare e aromatico e il suo gusto è tipico e delicato.

La mortadella è un prodotto estremamente versatile e utilizzato in diverse preparazioni. Può essere consumata affettata abbinata con il pane o tagliata a cubetti come antipasto. La mortadella è protagonista dei piatti della tradizione bolognese: è infatti un ingrediente del ripieno dei tortellini, frullata compone la “spuma di mortadella”, e nel Gran fritto alla Bolognese compare come ingrediente dello Stecco petroniano. L’utilizzo della mortadella in cucina non si limita alle ricette della tradizione, ma è anche oggetto di ricette e interpretazioni più fantasiose

Bresaola

Tra i prodotti di carne salati, la bresaola rientra nella categoria di salumi crudi a pezzo intero non affumicati. In varie zone dell’Italia Settentrionale vengono prodotti vari tipi di bresaola, che si distinguono per le carni utilizzate, che possono essere di manzo, di cavallo o di cervo o di maiale, dal budello o materiale utilizzato per l’insaccatura, nonché per la procedura impiegata per la produzione. La bresaola appare di norma come cilindro o parallelepipedo, più o meno regolare, avvolto dal budello di colore grigiastro, con o senza legatura. Al taglio la bresaola appare di colore rossastro, più o meno scuro o acceso a seconda delle carni impiegate, compatta, con scarse venature dovute ai depositi di grasso e al connettivo naturali. Si consuma affettata, come antipasto o come secondo.

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La bresaola della Valtellina, è prodotta con carne di zebù brasiliano che è più magra dei bovini Europei quindi ideale per lo scopo ed è tutelata dall’Indicazione geografica protetta. In provincia di Asti ed in Veneto è tipicamente prodotta una bresaola di cavallo. Viene utilizzata la carne della coscia del cavallo, priva di nervi e grasso. La procedura di produzione prevede la salmistrazione, la speziatura e l’asciugatura in locali riscaldati, infine la stagionatura. In provincia di Novara viene prodotta una bresaola utilizzando i tagli più pregiati della coscia e della spalla del cervo. La carne viene lasciata macerare in una salamoia a base di vino rosso. Una volta insaccata, l’asciugatura e la stagionatura concludono la produzione della bresaola di cervo.

Bresaola della val d’Ossola

Nella Val d’Ossola in Piemonte è prodotta una bresaola di manzo, conosciuta anche come “carne salata”. Per la sua produzione viene utilizzata la punta dell’anca e il magatello del bovino. La carne salata è conciata con spezie ed aromi naturali: cannella, chiodi di garofano, aglio, rosmarino, alloro, facoltativamente ginepro. La pezzatura è variabile in dipendenza dei tagli di carne che sono lavorati. Si presenta compatta, consistente e di colore rosso intenso, con scarsissima infiltrazione di grasso.

Bresaola affumicata

È una variante della bresaola di manzo prodotta in Valchiavenna, provincia di Sondrio. Dopo l’insaccatura in budello naturale e la stagionatura, avviene l’affumicatura con legno di pino. [3]

Speck dell’Alto Adige IGP

Lo speck dell’Alto Adige IGP è una specialità della salumeria sud-tirolese. Consiste in un pezzo della coscia del suino erroneamente chiamato prosciutto, crudo, completamente disossato, lievemente affumicato, tipico del territorio altoatesinoÈ protetto dall’Unione europea con il marchio IGP. Il termine speck, in tedesco, significa letteralmente “lardo”.

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Stagionatura Speck Alto Adige IGP

I primi documenti contenenti la parola speck risalgono al XVIII secolo, ma esso compare nei regolamenti dei macellai e nei registri contabili dei principi tirolesi già dal 1200, seppur con definizioni e nomi diversi. Inizialmente lo speck veniva prodotto per la necessità di conservare la carne. Esso permetteva di conservare per tutto l’anno la carne dei maiali che venivano uccisi durante il periodo natalizio. Lo speck rappresentava soprattutto per i ceti meno abbienti l’unica opportunità di mangiare carne e far fronte al bisogno di lipidi. Col tempo è diventata una delle pietanze principali in occasione di feste e banchetti. E ancora oggi, insieme al pane e al vino, è il protagonista della tipica “merenda” sudtirolese.

Lo speck è un prodotto tipico della provincia italiana dell’Alto Adige ed è nato dall’unione dei due metodi di conservazione della carne: la stagionatura, come il prosciutto crudo nell’area mediterranea, e l’affumicatura, tipica del nord Europa. L’Alto Adige trovandosi in una posizione intermedia e godendo di un particolare clima ha fuso i due metodi, producendo lo speck secondo la regola “poco sale, poco fumo e molta aria fresca”, che consiste in una salatura moderata e nell’alternanza di fumo e aria fresca.

Inizialmente lo speck veniva prodotto dalle singole famiglie contadine. Successivamente la produzione si è sviluppata prima a livello artigianale, con i macellai di paese, e negli anni sessanta a livello industriale. Per la produzione dello Speck Alto Adige IGP vengono utilizzate solo cosce suine magre e provenienti da allevamenti riconosciuti appartenenti ad un Paese all’interno dell’Unione Europea. Esse vengono selezionate in base ai criteri definiti nel capitolato sulla materia prima e tagliate secondo i metodi tradizionali. Le cosce selezionate vengono marchiate con la data di inizio produzione, a garanzia indelebile e come base per i successivi controlli.

Brettljause, la tipica merenda altoatesina e tirolese

Nella tradizione altoatesina, lo speck era il cibo consumato dai contadini e costituiva una fonte di energia durante i lavori nei campi. Col tempo è diventato anche il protagonista di banchetti in occasione di festeggiamenti e cerimonie di benvenuto. Quest’ultima funzione è stata tramandata fino ai giorni nostri: lo speck, insieme al pane nero e al vino o birra, costituisce l’elemento chiave della tipica “merenda” altoatesina, consumata e offerta come simbolo di ospitalità.

Lardo

Il lardo è il prodotto della salagione, aromatizzazione e stagionatura dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute del maiale. Questo taglio grasso del maiale si preleva dal collo, dal dorso e dalla parte alta dei fianchi dell’animale. 

lardo-di-colonnataIl nome lardo sarebbe da attribuire propriamente al prodotto stagionato, mentre il taglio di carne grassa da cui il lardo si produce, ordinariamente sarebbe corretto chiamarlo “grasso fresco”, per distinguerlo dal prodotto stagionato. Il più conosciuto è probabilmente il lardo di Colonnata che, per il suo gusto unico e la sua delicatezza, ha reso famosa la località toscana da cui prende nome.

La qualità del lardo dipende della scelta delle materie prime (dalla qualità del “grasso fresco” che deve essere di suino pesante, agli aromi con i quali viene strofinato) e della sapiente arte della stagionatura che ancora oggi viene fatta nelle vasche di marmo (conche) in cui il prodotto rimane per circa 6 mesi.

Un altro tipo è il lardo di Arnad che, a differenza del precedente, viene stagionato in vasche di legno e insaporito con aromi come ginepro, alloro, noce moscata, salvia e rosmarino. Lardo di Arnad è una Denominazione di origine protetta.

‘Nduja

La ‘nduja è un salume Calabrese di consistenza morbida e dal gusto particolarmente piccante. Il nome nduja o più semplicemente duja, che trae origine dal termine latino “inducere”, cioè introdurre, è altresì collegato ad altri due particolari tipi di insaccato, il piemontese salam dla doja e la francese andouille, da cui tramite la mediazione del diminutivo andouillette forse prende il nome.

nduja-calabreseÈ tipica delle zone dell’altopiano del Poro: Spilinga (in provincia di Vibo Valentia) è il comune d’elezione, ma l’area di produzione è estesa a molti comuni, in particolar modo a quelli del versante tirrenico, a tal punto da fare della ‘nduja un alimento tipicamente associato a tutta la Calabria. Preparata con le parti grasse del maiale, con l’aggiunta del peperoncino piccante calabrese, è insaccata nel budello cieco per poi essere affumicata.

Storicamente la ‘nduja è un piatto povero, nato per utilizzare gli scarti delle carni del maiale: milza, stomaco, intestino, polmoni, esofago, cuore, trachea, parti molli del retrobocca e faringe, porzioni carnee della testa, muscoli pellicciai, linfonodi, grasso di varie regioni, ecc. Il successo commerciale è all’origine delle modificazioni attuali nelle diverse composizioni.

L’abbondante contenuto di peperoncino con le sue proprietà antisettiche, fa sì che la ‘nduja non abbia bisogno di conservanti. Si consuma spalmandola su fette di pane abbrustolito, meglio se ancora calde, o utilizzata come soffritto per la base di un ragù o di un sugo di pomodoro, con aglio; può essere usata per guarnire la pizza, prima degli altri condimenti se cruda, oppure appena sfornata; si può consumare su fettine di formaggi semi-stagionati o può entrare nella composizione di frittate.

La salsiccia

La salsiccia è un insaccato di carne, tipico di molte regioni italiane e diffuso in tutto il mondo. In Italia, secondo gli ingredienti e le zone dove viene prodotta, assume varie denominazioni come luganegasalamellasalaminasalamino o salametto.

La prima testimonianza storica sull’uso di insaccare nel budello di maiale la sua carne insieme a spezie e sale è dello storico romano Marco Terenzio Varrone, che ne attribuisce l’invenzione e l’uso ai Lucani: «Chiamano lucanica una carne tritata insaccata in un budello, perché i nostri soldati hanno appreso il modo di prepararla dai Lucani».

salsiccia-salume-italiano

Secondo una tradizione lombarda, spuria e molto recente, la sua invenzione sarebbe invece opera della regina longobarda Teodolinda, che inventò la salsiccia e che ne avrebbe poi regalato la ricetta agli abitanti di Monza. Viene prodotta solitamente riempiendo un budello naturale di suino (budellozza) o di montone (lucanicchia o, nel linguaggio volgare, luganega) con un misto di parti magre (es. spalla) e grasse (es. pancetta) tagliate a dadini (o tritate) e mescolate con sale. All’impasto così ottenuto viene aggiunto solitamente vino (prevalentemente rosso) e altre spezie anche zucchero

Il salame pezzente (o il pezzente), meglio conosciuto come nnoglia, o nuglia, è una preparazione di carne suina tipica della regione storica della Lucania (Basilicata e, in Campania, il Cilento, dove prende il nome di “nnoglia”), della Puglia , di altre parti della Campania (col nome di ‘nnoglia o tauciano[1]) e di alcune zone della Calabria.

Si tratta di un prodotto un tempo destinato alle esigenze dei contadini e dei ceti meno agiati in generale, dal momento che viene preparato utilizzando tagli di carne poco pregiati.

Storicamente, ma anche fino a tempi molto recenti, il pezzente era l’ultima salsiccia preparata dalla macellazione del maiale, fatta con il grasso avanzato dalle altre. Per questa sua percentuale molto alta di grasso il pezzente non era destinato al consumo diretto ma veniva usato solo per insaporire per insaporire il ragù, zuppe, e minestre (la cosiddetta minestra maritata).

Würstel

wurstel-tirolesiIl würstel dal diminutivo della parola tedesca Wurst , “insaccato”, secondo i dialetti tedeschi meridionali, è una specie di insaccato preparato con carni tritate bovine e suine, tipico della Germania e dell’Austria e, in Italia, del Trentino, dell’Alto Adige e province di Trieste e Gorizia.

Da alcuni anni sono commercializzati anche würstel prodotti con carne di pollo e di tacchino, pubblicizzati come prodotti più leggeri rispetto a quelli di suino e molto apprezzati dal mercato mediorientale. Il würstel più diffuso in Italia corrisponde generalmente al Wiener o Wiener Würstchen (letteralmente “salsicciotto di Vienna” o “viennese”) reperibile in Germania.

Solitamente i würstel sono venduti caldi lungo le strade e le vie dei centri storici in caratteristiche bancarelle o carrettini, assieme a un panino e salse a scelta. Gli statunitensi chiamano questo panino hot dog (letteralmente, “cane caldo”), sebbene chiamino i würstel wiener o frankfurter (entrambe le definizioni indicano lo stesso prodotto di carne suina) il termine hot dog per estensione può riferirsi anche alla singola salsiccia. Nel consumo casalingo è comune cuocerli su una piastra o sulla griglia o bolliti e servirli accompagnati da patatine fritte o insalata. La carne è sottoposta a una minuta macinazione insieme a grasso di maiale, aromi, additivi e a un’alta percentuale di acqua (o ghiaccio), insaccata e quindi cotta in forni a vapore.

Soppressata

La soppressata è un particolare tipo di salume, riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale italiano e diffuso in Basilicata, Puglia, Calabria, Abruzzo, Molise e Campania. Il nome deriva dall’azione di pressione compiuta mentre il prodotto è in fase di essiccazione, dandogli una forma appiattita.

Il prodotto divenne anche molto conosciuto nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, grazie agli immigrati italiani che fecero conoscere le proprie tradizioni all’estero. . In Pennsylvania (U.S.A.), ove il prodotto è molto apprezzato, la soppressata viene chiamata Supersata, anche se, in gergo, viene usato più il suo diminutivo Supie.

La carne utilizzata è di puro suino macellata fresca, mediante la tecnica definita “punta di coltello”, un taglio grossolano che consente alla carne di rimanere molto compatta e mantenere così una peculiare integrità organolettica. La soppressata è preparata con una selezione di tagli nobili di prosciutti, spalle e rifili di pancetta e lardo tenero (questi ultimi, in particolare, vengono utilizzati allo scopo di “ammorbidire” la carne utilizzata, normalmente troppo magra per poter essere utilizzata da sola), anche se esistono delle varianti fatte con carne bovina.

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La carne così tagliata viene poi condita semplicemente con sale, grani di pepe interi (eventualmente “ravvivati”, poco prima, mediante una leggera pestatura in mortaio), e peperone essiccato in polvere. Successivamente, viene infilata in un budello che, se naturale, va pulito scrupolosamente con sale e limone, e viene legata con spago per compattarne il contenuto. La soppressata viene poi lasciata ad essiccare, al buio, dalle 3 alle 12 settimane, a seconda del diametro, perdendo il 30% del suo peso originario.

L’essiccazione ottimale va fatta ad umidità e temperatura controllata (un innalzamento repentino della temperatura può provocare il “buco” all’interno del salume, e rovinarne alcune peculiari caratteristiche), per questo motivo nelle zone di produzione della soppressata si è soliti prepararla d’inverno: una stanza fredda infatti, debitamente munita di camino, può essere all’occorrenza deumidificata e riscaldata nelle giornate troppo fredde e umide, e lasciata raffreddare rapidamente nel naturale rigore invernale, dopo una delle rare giornate di sole. Dopo l’essiccazione, la soppressata viene generalmente conservata in barattoli con olio d’oliva. Varianti della preparazione descritta sono una leggera affumicatura, e la conservazione (raro per questo prodotto, più consueto per il salame pezzente) nella “sugna” fresca di maiale.

Un’altra variante (del Cilento) è la soppressata di Gioi, caratterizzata dalla carne magrissima, attraversata in tutta la lunghezza da un unico cilindro di grasso.

A me è venuta fame, a voi? La apriamo una birra?